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Alzheimer: i primi segnali emergono a vent’anni
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Alzheimer: i primi segnali emergono a vent’anni
Da oggi il morbo di Alzheimer non è più soltanto una preoccupazione degli anziani: una ricerca della Northwestern University ha scoperto che la proteina amiloide - un segno distintivo di questa malattia - inizia ad accumularsi nei neuroni del cervello sin dai 20 anni di età. Gli scienziati ritengono che questa sia la prima volta che tali cambiamenti sono stati osservati nel cervello umano di individui così giovani.
Durante lo studio il ricercatore Changiz Gheula e il suo team del Cognitive Neurology and Alzheimer’s Disease Center della Feinberg School of Medicine della Northwestern University hanno analizzato i neuroni del cervello di 13 persone “normali” di età compresa fra i 20 e i 66 anni, di 16 persone di età fra i 70 e i 79 senza demenza e 21 persone con Alzheimer di età compresa fra i 60 e i 95 anni. “È stata l’età a sorprenderci davvero – ha detto Gheula, intervistato da Yahoo! Health -. Già nei giovani abbiamo notato un accumulo di amiloidi”. Naturalmente la presenza degli amiloidi era più massiccia negli anziani, ma queste aggregazioni sono state rilevate anche fra i più giovani. Gli amiloidi si iniziano ad accumulare in giovane età ma l’aggregazione che porta al deficit mnemonico avviene con l’invecchiamento. Gheula ha detto che non si tratta di un allarme sanitario, ma soltanto della constatazione che i primi segni della malattia possono essere notati già in giovane età: una diagnosi precoce potrebbe aiutare a prevenire o rallentare la malattia anche se sono proprio i fattori protettivi l’aspetto nei quali dovrà impegnarsi maggiormente la ricerca nei prossimi anni. Intanto, spiega Gheula, lo stile di vita e alcuni accorgimenti nella nostra vita quotidiana possono contribuire a prevenire l’insorgenza, in tarda età, della malattia che provoca un deficit mnemonico.
Durante lo studio il ricercatore Changiz Gheula e il suo team del Cognitive Neurology and Alzheimer’s Disease Center della Feinberg School of Medicine della Northwestern University hanno analizzato i neuroni del cervello di 13 persone “normali” di età compresa fra i 20 e i 66 anni, di 16 persone di età fra i 70 e i 79 senza demenza e 21 persone con Alzheimer di età compresa fra i 60 e i 95 anni. “È stata l’età a sorprenderci davvero – ha detto Gheula, intervistato da Yahoo! Health -. Già nei giovani abbiamo notato un accumulo di amiloidi”. Naturalmente la presenza degli amiloidi era più massiccia negli anziani, ma queste aggregazioni sono state rilevate anche fra i più giovani. Gli amiloidi si iniziano ad accumulare in giovane età ma l’aggregazione che porta al deficit mnemonico avviene con l’invecchiamento. Gheula ha detto che non si tratta di un allarme sanitario, ma soltanto della constatazione che i primi segni della malattia possono essere notati già in giovane età: una diagnosi precoce potrebbe aiutare a prevenire o rallentare la malattia anche se sono proprio i fattori protettivi l’aspetto nei quali dovrà impegnarsi maggiormente la ricerca nei prossimi anni. Intanto, spiega Gheula, lo stile di vita e alcuni accorgimenti nella nostra vita quotidiana possono contribuire a prevenire l’insorgenza, in tarda età, della malattia che provoca un deficit mnemonico.
- 1. Eliminare le cattive abitudini:
- L’invecchiamento cognitivo e il morbo di Alzheimer possono essere migliorati grazie a uno stile di vita più sano. Lo stato di salute generale, infatti, contribuisce in maniera determinante a favorire o sfavorire l’insorgenza della malattia. Il diabete, le malattie cardiache o polmonari, l'obesità aumentano i rischi di malattia.
- 2. Migliorare la dieta:
- Una sana alimentazione o un regime di dieta mediterranea (ricca di frutta secca, verdure, cereali integrali, frutta e verdura, pollame e olio d'oliva) abbassa notevolmente i rischi di insorgenza della malattia.
- 3. Fare attività fisica:
- Anche l’attività fisica aiuta il cervello, come dimostrato da numerosi studi. Mens sana in corpore sano, gli antichi Romani avevano già capito tutto. In uno studio è stato notato che persone con decadimento cognitivo lieve miglioravano la loro efficienza neurale camminando per 30 minuti al giorno, quattro giorni alla settimana per 12 settimane.
- 4. Allenare il cervello:
- Come avviene per il corpo, anche l’allenamento mentale contribuisce ad abbassare i rischi dell’insorgenza di Alzheimer. Le persone che s’impegnano in attività artistiche o di scrittura, che giocano a carte o fanno cruciverba rischiano meno rispetto a chi è mentalmente inattivo.
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